Porto Torres

Fondata all’inizio della seconda metà del I secolo a.C dalla gens Iulia, fu la prima colonia romana dell’isola. La città (ed in particolare il suo porto) furono di grande prestigio ed importanza nel contesto Sardo per molti secoli.
Tuttora, il porto di Porto Torres risulta essere uno tra i più grandi dell’isola ed il porto maggiormente sviluppato di tutto il nord-ovest della Sardegna, risultante essere assieme al vicino aeroporto Sogeaal di primaria importanza per il collegamento con il resto della nazione e con l’Europa.

Porto Torres è estesa sulla antica Turris Libisonis, come sdraiata sulla vecchia città per ripararla, proteggerla.
E così basta scavare appena e la vecchia Turris riappare e ci regala ogni volta delle splendide meraviglie: un mosaico policromo intatto che mostra Orfeo che suona la lira attorniato dagli animali, dicono sia una delle più belle rappresentazioni di Orfeo che esista al mondo, la maschera in marmo bianco di un fauno, la statua di un vecchio pescatore, l’altare circolare della dea Bubastis, la dea Fortuna e le altre decine e decina di statue, busti, di dei, di gente comune, di scaricatori portuali, di portatori di otri, di dadofori, portatori di fiaccole, e di politici, questi quasi tutti senza testa… Che significhi qualcosa?
Possiamo immaginare una città importante, ricca di traffici, strettamente legata alla Roma imperiale.
Gran parte di questi tesori li possiamo vedere visitando l’ Antiquarium e il parco archeologico.
Il periodo giudicale, il Regno di Torres, ci ha regalato il gioiello più bello e più importante: la basilica di San Gavino, la cui costruzione fu completata nel 1117. E’ una splendida chiesa romanica, la più grande della Sardegna e tra le più belle d’Italia.
All’interno i tre simulacri lignei dei Martiri Turritani Gavino, Proto e Gianuario che, nel mese di Maggio, vengono portate in processione alla chiesetta di Balai, sul mare.


Visitatela, se potete, in un pomeriggio estivo, e vedrete quale suggestione ispira il sole che entra dalle feritoie laterali, che incanto di luci ed ombre rompe la secolare austerità.
Poi di corsa al Lungomare, allo Scoglio Lungo, la spiaggia dei bambini, in mezzo alle loro risate, alle piccole paure dei primi bagni, e poi a Balai, la spiaggia dei ragazzi,  dei giovanotti e delle signorine, come si diceva una volta, al sole accecante sulla sabbia bianchissima, per tuffarsi in un incredibile mare verde azzurro, e dal promontorio di Balai ammirare il dolce profilo dell’Asinara, immaginarne i colori, sentirne i profumi e ascoltare, con il vento, il suono di un’ orchestra lontana nel tempo, un’orchestra che in un tempo lontano cent’anni, sull’isola, accompagnava i prigionieri di guerra nei momenti di dolore, nei momenti di gioia e quando, con malinconia, guardavano “il sole che si mescola al mare”.

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